Mons. Sciacca a Farfa: "L'ho scoperta tra le righe di Achille Campanile"
lug132022

Lo scorso lunedì le campane hanno suonato per ricordare la festa di San Benedetto, spirito esemplare d'amore che continua a guidare la vita monastica di chi ha scelto la sua Regola, "Ora, Lege et Labora", espressione concreta di vita che sa abbracciare terra e cielo.
Una celebrazione speciale che ha visto sull'altare, insieme col Priore Dom Eugenio Gargiulo, anche il vescovo Mons. Giuseppe Sciacca, nonché presidente dell'Ufficio del lavoro della Sede Apostolica. Una figura che nel mondo professionale odierno si potrebbe definire di alto profilo ma in questo piccolo spazio diventa uomo di pace. Con raffinata intelligenza e naturale simpatia, monsignor Sciacca in poche parole ha parlato di rinascita, guerra, pace e la curiosità dei suoi giovani anni.

Monsignor Giuseppe Sciacca, una sua riflessione sulla solennità di San Benedetto nell'Abbazia farfense…
Sono stato ben contento di aver ricevuto quest'invito a celebrare San Benedetto, patrono e fondatore del monachesimo occidentale, nell'Abbazia di Farfa che nella storia del Monachesimo rappresenta uno dei momenti originali, direi quasi iniziale. E fa piacere che questo avvenga in un momento in cui l'Abbazia conosce un inizio di rifioritura di nuove vocazioni ad opera del Priore Dom Eugenio Gargiulo.
Una rifioritura certamente religiosa e spirituale afferente alla vita comunitaria e religiosa del monastero stesso ma anche una ricomposizione di luoghi che hanno una grande importanza artistica, una straordinaria bellezza e un profondo significato perché rappresentano una nuova stratificazione culturale di presenze che si sono succedute nel corso dei secoli sempre in nome dell'ideale monastico di S. Benedetto "Ora et Labora".

In un momento storico la cui eco spesso si riduce alla parola guerra e quindi ad un conflitto che investe individuo e collettività, come legge questa rinascita della comunità benedettina a Farfa?
Questa ripresa della vita monastica rappresenta un seme di pace, di speranza. Una spiegazione del perché San benedetto sia considerato a buon diritto fondatore dell'Europa, del monachesimo occidentale e anche nunzio di pace.
Quando Paolo VI in pieno Concilio andò ad inaugurare la ricostruita abbazia benedettina di Montecassino che era stata distrutta durante la cruenta incursione aerea del 1944, pubblicò un documento pontificio apostolico dal titolo Pacis Nuntius nel quale San Benedetto viene descritto come Messaggero di pace.
Espressione che suona più che mai attuale. Un invito che diventa provocazione in un momento nel quale l'Europa e il mondo stanno conoscendo una guerra che non sembra cessare. Un momento difficile nel quale dobbiamo tutti impegnarci, essere operatori di pace e pregare Dio affinché ispiri chi ha le sorti dei popoli a cercare una soluzione nel dialogo e quindi attraverso un negoziato che sappia mettere al centro il rispetto della vita umana.

Quando e come ha conosciuto Farfa?
La cosa interessante e che mi piace raccontare del mio primo arrivo a Farfa è il suo essere legato ai miei giovani anni di lettore bulimico e onnivoro. Tra gli autori divorati anche Achille Campanile, scrittore raffinatissimo, di grande ironia e con una certa propensione al surreale.
Ero poco più che ventenne e immerso nella lettura di una sua raccolta di racconti, "Manuale di Conversazione", mi persi tra le righe di "La gita a Farfa" che descrive un ambiente domestico domenicale romano degli anni Trenta dove, finito il pranzo, si decide di andare a Farfa. Dalla lettura della divertente gita in Sabina mi rimase la curiosità di conoscere Farfa.
E infatti non appena giunto a Roma a lavorare in Vaticano, nominato da Giovanni Paolo II Uditore di Rota, alla prima occasione mi misi in viaggio per raggiungere la meta che già faceva parte della mia immaginazione. Una volta arrivato ne ho assaporato la bellezza spirituale, artistica e umana che non ho mai smesso di visitare e ogni volta riscoprire.

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