Il mondo della scuola riparte. E' un momento importante sia per chi fa questo mestiere - comprese tutte le figure operative che curano ma anche amministrano il patrimonio scolastico - sia per chi impara. Parliamo di un grande serbatoio dove si seminano e si coltivano i frutti del nostro futuro.
Lo scorso maggio, in prossimità della fine dell'anno scolastico, abbiamo pubblicato sul nostro sito un articolo che parlava di un progetto messo in campo dall'Istituto Aldo Moro di Passo Corese: "La memoria del nostro territorio".
Di quel momento riprendiamo l'intervista al professor Tersilio Leggio, storico del Medioevo e da sempre sostenitore di progetti scolastici volti ad una maggiore conoscenza del proprio territorio e ad un utilizzo corretto degli strumenti tecnologici. L'orizzonte è sempre quello di una crescita individuale e collettiva. E tutto questo parte dalla scuola e da chi in quella scuola investe la sua preziosa e paziente professionalità.
Il Priore Dom Eugenio Gargiulo e tutta la comunità benedettina augurano un buon anno scolastico a tutti!
Ecco l'intervista dello scorso maggio al professor Tersilio Leggio:
Conclusa la sua lezione agli studenti dell'Istituto Aldo Moro, il professore Tersilio Leggio, storico del medioevo, ha ancora gli occhi accesi e vitali. Sono gli occhi di chi sa ma non te lo fa pesare. Di chi ha trasformato il "peso" del sapere in un "penso" al di là di quel che so. Di chi conosce bene tutte le strade e ogni volta può cambiare tragitto per raggiungere la stessa meta. Di chi non ricordi per la sua monotonia.
Professor Leggio posso farle qualche domanda?
"No, no!" risponde con una smorfia accogliente
Professore, quanto è cambiato il rapporto dei giovani con la memoria?
Questo è un tema molto difficile da percepire nei suoi tratti essenziali perché oggi il cambiamento del rapporto con il nostro passato è diventato meno strutturato. Gli strumenti di comunicazione di massa hanno portato a una nuova sensibilità su altri tipi di temi quindi non c'è una riflessione sul percorso che è stato fatto per arrivare a quello che siamo oggi. Per questo dovremmo insegnare noi ai ragazzi a farlo nuovamente perché in questa maniera si possono rendere conto meglio di quella che è la situazione attuale e si possono rendere anche conto meglio dei problemi delle situazioni attuali e di cosa poter fare per migliorarle. Non esistono società perfette ma società più o meno perfette, sono tutte perfettibili e tutte devono essere adeguate alle nuove esigenze che stanno cambiando le società locali. Venti anni fa la struttura sociale era molto diversa da quella odierna. Oggi c'è una difficoltà a fare questo passaggio perché le fonti di informazione per i ragazzi sono moltissime e la gran parte non sono verificate o verificabili. Per questo ho insistito sul tema dell'imparare ad essere critici, cercare di capire. Esiste nei giovani l'ambizione, la spinta a conoscere solo che bisogna incanalarla perché altrimenti non c'è finalità, crescita e sviluppo. Possiamo paragonare il discorso a quello dell'acqua che è stata sempre un motore dell'energia del nostro passato ma doveva essere incanalata altrimenti l'acqua, come tale, non avrebbe mosso nulla. Non appena incanalata e indirizzata ci ha consentito di fare tanti passi avanti. Lo abbiamo visto con il Tevere che divenuto navigabile ci ha consentito di fare tante cose in relazione con Roma e con altre realtà del territorio. Quindi è chiaro che oggi il rapporto dei giovani con la memoria è un problema più difficile, probabilmente anche un po' più complesso però anche più stimolante.
In questo processo educativo che ruolo ha la tecnologia e come dovrebbe agire?
Oggi la tecnologia è uno strumento fondamentale e importantissimo perché si possono individuare tante cose in più che una volta non si potevano vedere né fare. Oggi siamo connessi con tutto il mondo. Online c'è una cospicua documentazione scientificamente seria di cui però è importante il vaglio e quindi la capacità di orientarsi e capire cosa cercare. Per questo motivo bisognerebbe fornire ai ragazzi gli strumenti e le chiavi di lettura cioè insegnare come fare una ricerca. Se si fa una semplice ricerca su Google escono fuori le peggiori schifezze. Per questo motivo, ribadisco, è opportuno insegnare agli studenti la metodologia che è alla base della ricerca su internet. Oggi è importantissimo il discorso sulla metodologia dell'utilizzo di questi strumenti altrimenti possono essere da una parte demoniaci, dall'altra angelici.
In questa trasformazione antro-sociologica, quanto ancora è educativa e formativa la ricerca bibliografica?
È fondamentale. Credo che si debba tornare comunque alla manualità dei testi nelle biblioteche perché sfogliare un libro è un'altra cosa rispetto alla lettura su uno schermo. Questo tipo di ricerca stimola il ragionamento e spinge a capire che su uno stesso problema ci sono mille differenti approcci sui quali è necessario riflettere per trovare quello giusto.
Una sua riflessione sul progetto "La memoria del nostro territorio" dell'Istituto Aldo Moro…
Va dato atto dell'importanza di questi progetti che sto cercando di sostenere. Finalmente i licei di Passo Corese hanno cominciato a fissare l'attenzione sul territorio e a capire quanto sia importante per i ragazzi incardinarli sul territorio. Stiamo facendo, per esempio, un progetto di formazione per i docenti del Liceo Rocci sulla storia del territorio. Stiamo facendo un ottimo lavoro con tutte le scuole e l'Aldo Moro ha già progettato per il prossimo anno di fare qualcosa di più complessivo ed evoluto. Tutto questo perché la conoscenza è l'elemento della liberazione delle persone dai vincoli che, altrimenti, generano disinformazione e quindi l'obnubilamento della libertà individuale. Se vogliamo andare verso questo passo dobbiamo dare gli strumenti per essere liberi e la libertà passa dalla conoscenza. Quando uno conosce è libero.
Essendo autore di numerosi saggi sull'Italia mediana, e in particolare su Rieti e sulla Sabina, ha uno "sguardo" che abbraccia tutto il territorio. Quanto è importante la conoscenza della storia per una cooperazione e crescita dei territori locali?
Questo tema passa inevitabilmente da un aspetto fondamentale: oggi abbiamo una storia che sembra appiattita e che risale al problema dell'unità d'Italia, su cui sono parzialmente critico su alcuni punti.
Quando hanno fatto le suddivisioni politico-amministrative le hanno fatte a livello più o meno geografico, non geo storico, per cui hanno separato realtà che avevano storie più comuni mettendole insieme ad altre che non avevano storie comuni. Ma tornando ad oggi, dobbiamo prendere atto di un altro aspetto e soprattutto trasmetterlo: imparare la diversità enorme che esiste sui territori, saper individuare le differenze e capire che la differenza è ricchezza. Profonda, assoluta ricchezza. Piuttosto che fare questa uniformità micidiale che chiude le menti e toglie loro la capacità di accettare l'altro. In tal modo non può esserci crescita né individuale e né collettiva. Questa è integrazione. È inutile predicare da sopra perché non può essere percepito. Se non seminiamo, il grano non cresce. Spesso vogliamo fare la raccolta senza averlo seminato. E' inutile che impostiamo dei temi senza capire come affrontare quel tema e cercare di farlo penetrare perché sia capito. E' inutile che facciamo norme e leggi contro questo o quello se non partiamo dal piccolo. Quando ero assessore provinciale ho cercato di promuovere la conoscenza del territorio anche attraverso corsi di formazione rivolti ai docenti per insegnare come si studia il territorio. Un progetto che anche adesso, pur essendo "fuori concorso", cerco di sostenere all'interno delle scuole perché ci ho sempre creduto".