Non è mai la stessa la musica del M° Gianluca Libertucci che la scorsa domenica ha aperto il Festival Organistico Farfense. Un susseguirsi di diversi brani: abilmente interpretati travalicando le differenze spazio-temporali che caratterizzano i singoli testi musicali. Una straordinaria abilità tecnica divenuta straordinaria libertà creativa capace di rendere la musica d'organo accessibile a tutti: mai monolitica, mai monotona!
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Ad aprire il concerto, don Santo Bruno O.S.B. che ha invitato il pubblico a riflettere sulla funzione della musica che sa unire i cuori e i popoli: «La musica è arte, anzi si fa arte, quando è espressione di un'idea o di un sentimento, quando è linguaggio universale con il quale si racconta una storia o si racconta se stessi. La musica si sostituisce a noi nell'esprimere, con la sua energia, ciò a cui noi non riusciamo a dare un nome: "Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere, la musica lo esprime" diceva Victor Hugo. La musica ci permette di sentire invece di pensare. Di seguire il proprio battito e danzare. La musica è libertà. La musica unisce tutti i cuori, tutti i popoli e diventa la bandiera della libertà».
Dopo l'esibizione con l'ultimo bis richiesto da un crescendo di applausi, il M° Libertucci ha spiegato il programma di sala, legato a più ampi orizzonti:
«Da lungo tempo ho l'idea di proporre repertori vari: non limitati ad un solo periodo o a una sola area geografica. Così li metto in disordine: passando dal Seicento al Novecento per poi andare al Settecento e continuare con l'Ottocento. Un percorso a zig zag che deve avere naturalmente un suo ritmo. Alla base c'è la conoscenza: sia del repertorio sia dello strumento che è soggetto a evoluzione e a differenze a seconda delle diverse aree geografiche. A differenza del pianoforte, ogni organo ha un suo repertorio legato al periodo in cui è stato costruito: si può suonare solo quella musica. Così succede che talvolta i programmi rischiano di essere monolitici e quindi poco attraenti per un più vasto pubblico.
Per questo concerto a Farfa ho scelto i brani sulla base della tipologia di organo e ne ho adattati altri che non rientravano nel novero dei possibili. L'ho fatto per rispetto del pubblico che, in tal modo, è libero di scegliere il brano che più gli piace e di portarlo con sé come ricordo di questa giornata. Il mio intento è quello di rendere interessanti e vari i concerti: senza annoiare il pubblico che, in tal modo, non rinuncerà ad andare a vedere il prossimo concerto d'organo dei colleghi. Lo scopo è quello di mantenere in vita questo strumento: in Italia non è poi così conosciuto e diffuso perché relegato alla sola liturgia religiosa (in realtà il repertorio è molto più ampio). Lo troviamo, infatti, nelle chiese - senz'altro straordinarie per l'acustica! – ma il tessuto sociale rimane distante dalla musica d'organo che, al contrario di quanto accade nei paesi nordici, non trova spazio nelle sale da concerto.
Nei conservatori si è registrato un calo di iscrizioni nelle classi di organo. Penso che il nostro compito di organisti sia anche quello di stimolare e incuriosire i giovani per continuare a tramandare questa antica tradizione musicale. Personalmente lo faccio con questa tipologia di concerti: variopinti e un po' disordinati che, spero, arrivino a tutti, soprattutto ai giovani musicisti. L'organo presente nella basilica di S. Maria di Farfa è essenzialmente liturgico: ha i colori per sottolineare i vari momenti della comunione, meditazione o anche della festa. Per i concerti si adatta bene perché ha una posizione acusticamente perfetta».
«La musica non la puoi chiudere in questa chiesa. La musica va oltre», don Santo a conclusione del primo giorno del Festival farfense.