Ieri, mercoledì 15 marzo, nella chiesa abbaziale di Santa Maria di Farfa, la Comunità benedettina ha celebrato la Messa Solenne per l'anniversario della morte – dies natalis in cielo - del Beato Placido Riccardi (15 marzo 1915) ricordando come la sua santità provenisse dalla sua grande umiltà che lo portava a nascondersi pur rimanendo un faro, un maestro, un autentico servo di Dio che ha conformato il proprio cuore in tutto e per tutto alla sua volontà.
"I monaci fanno a Farfa quello che dovunque e sempre devono fare i monaci benedettini. La loro vita è un intreccio di preghiera e di lavoro; operosità questa preziosa e soave, che va tutto a vantaggio delle popolazioni circostanti, alle quali, stanche del faticoso lavoro ed avvilite dalle inevitabili lotte e difficoltà della vita, quando s'adunano nella basilica mariana il monaco farfense, coll'indice proteso in alto, addita un fine, una meta superiore, più confortante e più degna delle aspirazioni del cuore umano: il cielo, Dio" (I. Schuster, L'imperiale abbazia di Farfa: un contributo alla storia del ducato romano nel medioevo, Roma, 1921, p. 393). Il Beato Placido ne è stato un esempio.
La celebrazione è stata accompagnata dalla corale Mompeo-Farfa che ha intonato, sia all'inizio sia alla fine, il "Nuovo Inno al Beato Placido Riccardi" (datato tra il 1981 e il 1982, a cura di Dom Massimo Lapponi o.s.b. ed il M° Mauro Porfiri). Alte le voci sia dei monaci sia dei coristi per il Kyrie e il Gloria (eccezione per Solennità della festa, poiché in Quaresima si omette). Partecipare alle liturgie benedettine significa anche ascoltare la straordinaria potenza della musica e del canto attraverso i quali l'anima tende ad elevarsi.