Nel refettorio piccolo, oggi Aula capitolare del "Beato Placido Riccardi" possiamo ammirare cinque grandi tele dipinte dal M° Francesco Veròla che le ha realizzate tra il 2010 e il 2014 su commissione del Priore Dom Eugenio Gargiulo. Il ciclo dei dipinti è diviso in spazi temporali e rappresenta alcuni momenti della storia e della vita monastica dell'ordine benedettino.
Oggi presentiamo il dipinto centrale - "Tre momenti della vita di San Bendetto" (olio su tela; base m 4,50) - che il M° Veròla così descrive:
"Il primo miracolo rappresenta quello del vaglio risanato. C'è una donna che con le sue mani giunte esprime devozione nei confronti del giovane Benedetto che, dopo la rottura, ricompone il vaglio che all'epoca era estremamente prezioso per il setaccio del grano. La storia è stata ripresa dai Dialoghi di Gregorio Magno dove si parla dell'afflizione della sua nutrice subito dopo la rottura del setaccio e della forza della preghiera del giovane Benedetto che, mosso a compassione, riuscì a farlo tornare integro. Nel quadro il vaglio rotto si può notare nel particolare che si trova a sinistra del quadro.
Nella parte centrale c'è San Benedetto tentato da una bella donna che tenta di respingere. Per ovviare a questa dura tentazione si getta seminudo in un roveto per trasformare "la tentazione carnale in dolore fisico". È il miracolo della tentazione[/b. In alto, sul fondo della grotta, si vede un uccello nero che nel racconto è descritto come un merlo che ancor prima della donna lo aveva tentato sbattendogli le ali sul viso e che venne scacciato dal Santo con il segno della croce.
A seguire il terzo e ultimo miracolo: quello della fonte. Nel quadro si vede in lontananza la sagoma di San Benedetto su una collina e in basso, vicino a un piccolo ruscello, un gruppo di monaci. Nel racconto si narra che un gruppo di monaci che vivevano su una montagna rocciosa andarono da San Benedetto perché stanchi di percorrere ogni giorno un tragitto pericoloso per arrivare a valle a fare rifornimento d'acqua. Una situazione difficile per la quale era necessario trasferire i monasteri altrove. Dopo una notte di preghiera sulle rupi scoscese, il Santo indicò ai monaci il posto esatto dove sarebbe sgorgata l'acqua.
Infine nella parte destra del quadro si vede un uomo seduto sotto una quercia con una specie di pergamena e una presunta formula matematica (che ovviamente non è visibile): è il mio autoritratto. In alto c'è la Vergine circondata da puttini e angioletti. La Madonna siede su un trono che rappresenta l'immagine della vecchia facciata dell'Abbazia di Farfa con due torri delle quali ne è rimasta una. E' da mettere in risalto la prospettiva centrale dell'opera che da una visione di profondità alla stanza. I tre momenti della vita del Santo, infatti, sono divisi da intercolumni di ordine composito e le colonne sono disposte in semicerchio in modo da creare un'immagine di suggestiva profondità prospettica".
Un lavoro pittorico dai colori intensi e dalle forme che richiamano l'età classica pur narrando una storia cronologicamente successiva. Una miscela che sa unire terra e cielo attraverso immagini che restituiscono in modo chiaro e coinciso l'articolata narrazione sui miracoli di San Benedetto.
L'opera del M° Veròla può essere ammirata durante la visita guidata dell'Abbazia che comprende anche l'Aula Capitolare.
Per maggiori informazioni vai sul nostro sito: https://www.abbaziadifarfa.it/visitare-abbazia.asp