Domenica 21 maggio alle ore 16:30 l'Abbazia di Farfa apre le porte al concerto sinfonico diretto dal M° Francesco Lupi: "Mozart l'Incompiuto" con l'esecuzione dell'intera Messa di Requiem in re minore op. K626.
Sostenuto dal Ministero della Cultura, il Cento Città in Musica, l'Associazione InCanto, il Comune di Fara in Sabina e l'Abbazia farfense, l'evento vedrà l'esecuzione dell'Orchestra delle Cento Città con 30 orchestrali affiancati da circa 70 coristi dei "Cori Riuniti" (Coro InCanto di Fara in Sabina diretto da Giorgio Paris, Coro San Francesco d'Assisi di Terni diretto da Maria Cristina Luchetti, Nova Chorale Eretina diretta da Franco Tinto) e i solisti Lioutsia Goubaidoullina (soprano), Chiara Guglielmi (contralto), Romolo Tisano (tenore) e Alessio Quaresima Escobar (basso).
Il titolo - "Mozart l'Incompiuto" - rimanda all'ultimo periodo in cui visse il grande compositore che non riuscì a concludere l'opera, poi ripresa e terminata dai suoi allievi. Nella sua incompiutezza emerge la sua straordinaria bellezza, così descritta dal Direttore artistico dell'Associazione Musicale InCanto, il M° Francesco Lupi:
"Le leggende legate a questa composizione sono molteplici e riconducibili ad una serie di varie testimonianze e scritti, in particolare le lettere, soprattutto della moglie Costanza, che volle in qualche modo far concludere l'opera affidandola ad allievi del marito che si sono alternati alla scrittura dell'opera. Costanza la volle concludere forse per ragioni puramente economiche, visto che Mozart aveva lasciato alle strette la famiglia o forse per amor di causa, ragioni anch'esse avvolte dal mistero.
E' mistero anche su chi commissionò a Mozart il Requiem, forse nessuno e lo stesso autore stentava a concentrarsi sulla scrittura, tant'è che non lasciò nessuno scritto concernente l'architettura dell'opera, che per mano sua si fermò alla "Sequentia"; il resto fu aggiunto dai suoi allievi sulla base di quello che il classicismo di quel periodo "imponeva" come "forma".
Il mistero della committenza è ancora frutto di fantasticherie e leggende, la più gettonata è quella che vede un uomo misterioso che bussò alla sua porta commissionando una Messa per i morti; la meno frequentata è quella che vede Mozart sentire sopraggiungere a 36 anni la fine e crede di poter mantenere "in attesa" l'angelo della morte affidando, alla scrittura del Requiem, lo scadere della sua vita. Per tale motivo nei mesi alternò la scrittura della Messa con altre opere quali "La Clemenza di Tito" e il "Flauto Magico" ma la morte, forse, colse di sorpresa questo suo progetto e del Requiem riuscì a scrivere completamente o ad abbozzare solamente fino al "Lacrymosa".
Di quest'ultimo brano, il "Lacrymosa", Mozart scrisse solo le prime otto battute, lì effettivamente si concentra tutta la completezza del brano stesso, con il crescere incessante e pieno di tensione e distensione armonica che termina con "Judicandus Homo Reus…", l'uomo reo giudicato e risorto. Questo è il fascino più autorevole, un concentrato di significato, che va oltre sia rispetto al ritratto stereotipato che ci è giunto e sia al mistero creato dalla filmografia romanzesca.
E' efficace ai fini musicali confrontare queste due parti: la prima scritta in parte da Mozart e la seconda, l'"Offertorium", scritta dai suoi allievi Franz Freistädler, Joseph Eybler, Franz Xaver Süßmayr e l'abate Maximilian Stadler amico di famiglia; è efficace perché nello sviluppo dell'opera si avverte uno stop all'evolversi che resta comunque incompiuto ma, al contempo, emerge la necessità di terminare a forza qualcosa che ha un'altra natura, un'altra vita.
Rimane comunque il fascino e la bellezza di una composizione straordinaria che ad un certo punto è costretta a ripiegare su ogni singolo movimento, limitando la visione d'insieme".