Abbazia di Farfa, esposta una Spina della Corona di Gesù crocifisso
In occasione della Via Crucis del 15 aprile 2022, è stata esposta la sacra reliquia che, dal tempo delle Crociate, è custodita tra le mura dell'Abbazia di Farfa: una Spina della Corona di Gesù crocifisso.
A questo cimelio, simbolo della Passione di Cristo, è legato un episodio risalente al 1482 e menzionato dal Card. Alfredo Ildefonso Schuster, il quale, nella sua opera L'imperiale Abbazia di Farfa, attinge la notizia ad una copia del processo canonico che si trova nell'archivio di S. Paolo a Roma.
Siamo nel 1482, periodo nel quale i sovrani italiani mossero guerra contro lo Sato pontificio che, malgrado la sua debolezza, riportò la definitiva vittoria il 21 agosto 1482 nella battaglia di Campo Morto tra le Paludi Pontine. Tra i sovrani che imbracciarono le armi contro il Papato, ci fu anche il re Ferrante di Napoli il cui figlio Alfonso, duca di Calabria, giunse con il suo esercito lungo il fiume Farfa, poco distante dall'Abbazia.
Riportiamo il testo dello Schuster.
"Nascosti tra le selve dell'Acuziano, in tutto quell'armeggio di soldati e d'intrighi di corte, i monaci farfensi non poterono a meno di non trepidare un istante per la sorte loro, specialmente quando Alfonso di Calabria, soprannominato "il guercio", venne voglia di visitare la loro famosa Badia.
Mentre dunque l'esercito napoletano era accampato lungo il fiume Farfa, sui prati di Granica, il duca con i suoi ufficiali ascese al Monastero ove, accolto a grande onore dai monaci, tutti trepidanti che egli non volesse forse sfogare contro loro l'odio che nutriva contro gli invisi Orsini, visitò attentamente la basilica e il tesoro delle Reliquie. Tra i cimeli che vi si custodivano, egli osservò con particolare attenzione una delle spine della corona del divin Salvatore, di cui s'ignora l'esatta provenienza, ma che probabilmente venne recata alla Badia dopo i tempi di san Luigi IX. Caduta quindi la conversazione coi cenobiti su varie altre reliquie di detta corona custodite in diversi altri luoghi, Alfonso si trasse di sotto la corazza un reliquiario contenente precisamente una di tali spine, che egli soleva sempre portar seco in battaglia. Fatto quindi il confronto con quella che si custodiva a Farfa, si vide che era affatto differente; onde ad esperimentare quale delle due fosse autentica, propose ai monaci di gettarle entrambi nel fuoco. Non ardirono questi di rifiutarsi a quell'atto di superstizione; acceso quindi un rogo nell'atrio che si distende innanzi alla porta della basilica, alla presenza dello stato maggiore e di parecchi ecclesiastici, il duca gettò per primo tra le fiamme la reliquia sua; indi, nonostante le mal celate riluttanze dei monaci, pose sul rogo anche quella farfense, che però le fiamme non ardirono di toccare. Fu ripetuta più volte la prova, ed essendosi sempre rinnovato il prodigio, il duca si diede finalmente per vinto, cadde in ginocchio e, baciato il sacro cimelio, lo riconsegnò con divozione al priore, raccomandandogli di custodirlo con ogni miglior cautela" (I. Schuster, L'imperiale Abbazia di Farfa, tip. Poliglotta Vaticana, Roma 1921, pp. 360-361).
Foto: Fabrizio Farese