Vita della Comunità monastica
L'ozio è nemico dell'anima; e quindi i fratelli devono in alcune determinate ore occuparsi nel lavoro manuale, e in altre ore, anch'esse ben fissate, nello studio delle cose divine.
S. Regola, c. 48
La giornata monastica
La vita benedettina consiste in un impegno, condiviso da una comunità, di conversione da una vita di godimento egoistico della propria presuntuosa indipendenza all'umile sottomissione e all'unione amorosa con Dio, all'ascolto della sua Parola, all'attuazione della sua volontà. Questa conversione si realizza con la rinuncia a se stessi, nel servizio fraterno e nel lavoro comune, sotto l'obbedienza alla Regola e al Padre della comunità.

Foto: Fabrizio Farese
Il servizio e il lavoro monastico mirano a creare una vita di famiglia organizzata in modo da dare il posto centrale alla ricerca di Dio per mezzo della preghiera corale e privata e nell'attuazione della Parola di Dio nelle opere quotidiane ordinarie o in quelle opere straordinarie che lo Spirito Santo suggerisce e che sono approvate dai superiori e dalla comunità e devono essere realizzate senza venir meno all'operosità ordinata e ordinaria della vita comune.
Da quanto detto si capisce che l'operosità quotidiana in cui i monaci devono essere sempre impegnati è indirizzata a condurre in buona armonia una vita di famiglia, in cui è necessario provvedere a tutte la necessità materiali - nutrimento, igiene, amministrazione etc. - in vista della comune partecipazione ai beni spirituali e in spirito di abnegazione e di servizio reciproco, ad esempio di Cristo "che ha dato se stesso per noi". Le attività materiali, dunque, sono supernamente illuminate dall'imitazione di Cristo sofferente e dal fine di creare spazi e tempi adatti alla celebrazione, all'ascolto e alla realizzazione della Parola di Dio.
Bisognerà dunque tenere il coro pulito e ordinato, preparare bene i testi dell'ufficio da recitare o da declamare, curare il canto sacro al meglio delle proprie predisposizioni naturali o acquisite, essere puntuali agli orari della preghiera comune - e per questo rispettare i tempi di silenzio, di lavoro e di riposo -, non fermarsi ad una recitazione distratta, ma aprire il cuore all'ascolto dello Spirito che parla al nostro spirito, coltivare perciò le sante letture, lo studio e la preghiera privata.
Inoltre: esercitare bene il proprio ruolo in cucina e alla mensa perché il cibo sia buono, le stoviglie pulite, il servizio sollecito e ordinato, la lettura edificante, l'eventuale conversazione animata da carità e spirito fraterno, la preghiera iniziale e finale eseguita alla presenza di tutti senza ritardi o assenze.
Ancora: curare la pulizia della propria stanza e di tutta la casa e attivarsi, secondo le proprie doti naturali e acquisite e l'obbedienza, per ornare i luoghi di culto, gli ambulacri, il refettorio, il capitolo, gli spazi di vita comune di segni estetici e artistici della presenza di Dio, procurati o realizzati con un buon gusto da acquisire e da coltivare.
Poi: tenere in buon ordine, pulizia e senso estetico i locali di foresteria e essere pronti a trasmettere agli ospiti, secondo il proprio ruolo stabilito dal Superiore, la presenza Dio, di cui si fa esperienza momento per momento, attraverso il buon esempio di umile laboriosità, di carità e buone maniere, la preghiera corale e il canto sacro ben eseguiti, eventualmente una parola divinamente ispirata.

Foto: Fabrizio Farese
È importante anche la gestualità liturgica, da eseguirsi con modestia e senza affettazione, ma anche con decoro e devozione: essa infatti si imprime profondamente negli animi dei fedeli presenti, nei piccoli forse ancora più che negli adulti, e rende la religione e la preghiera non una teoria, ma un fatto visibile che entra nel vissuto quotidiano. Lo studio dei cosiddetti "neuroni specchio" ha rivelato infatti che si impara con la visione e con l'esperienza più che con l'istruzione soltanto mentale. Ciò sanno bene, per farne purtroppo spesso cattivo uso, gli operatori pubblicitari.

Foto: Fabrizio Farese
Ancora: coltivare quelle doti naturali che possono arricchire la comunità, e tramite essa la Chiesa e la società, con opere che scaturiscano da un'anima ben curata - dalla semplice pulizia alla buona cucina, all'artigianato, all'arte, allo studio, alla trasmissione del sapere, alla guida spirituale, all'attività parrocchiale o caritativa etc.
Avere presente che la prima opera sociale cui sono chiamati i monaci - senza escluderne alcuna che lo Spirito Santo può suggerire - è di insegnare ai popoli, con il buon esempio, la parola e molti altri modi di comunicazione, le virtù che devono animare e santificare la vita di tutti i giorni e senza le quali non si può realizzare bene nessun'altra opera sociale.
Questi principi sono validi per tutte le comunità, ma si applicano in modo diverso, secondo le caratteristiche di ogni cenobio.
Nel Monastero di Farfa si segue il seguente orario:
GIORNI FERIALI:
GIORNI FESTIVI:

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